1. Gestione non adeguata dei dati sensibili raccolti
Quando un whistleblower segnala un potenziale comportamento scorretto vengono acquisiti dati personali sensibili. Tuttavia, le e-mail non dispongono di alcun meccanismo di crittografi a. Questo rende possibile a persone non autorizzate non solo di leggere le e-mail inviate, ma anche di modificarle. Di conseguenza, né la trasmissione, né l’elaborazione delle segnalazioni sono a prova di Audit e l’integrità dei dati è a rischio. Infine, non è garantita la conformità al regolamento sul GDPR (articolo 32) che richiede di conservare le informazioni sensibili in data center ad alta sicurezza.
2. Scarsa fiducia nello strumento da parte dei segnalanti
Diffondere un clima di fiducia e trasparenza con i propri stakeholder è fondamentale se si desidera incrementare il numero di segnalazioni ricevute e, di conseguenza, prevenire i possibili rischi aziendali. In questo senso, tutti i dipendenti devono essere sicuri al 100% della sicurezza del sistema e delle modalità di elaborazione delle segnalazioni. In caso contrario, non solo diminuisce la probabilità di ricevere segnalazioni ma aumenta la possibilità che i whistleblower si rivolgano direttamente ad autorità esterne – come dimostra lo studio condotto da EQS Group e dalla University of Applied Sciences HTW Chur.
3. Difficile elaborazione dei dati in fase di audit
Oltre alla sicurezza dei dati e alla fiducia dei dipendenti, la facilità di elaborazione delle segnalazioni è un altro fattore da considerare nella scelta di un sistema di segnalazione. Con un sistema basato sulla posta elettronica, infatti, tutti i dati ricevuti dovranno essere registrati manualmente nel sistema di gestione dei casi, laddove presente. In questo modo, aumenta sensibilmente la probabilità di incappare in errori e di non dare riscontro alla segnalazione secondo i termini previsti dalla legge. In caso di audit, infine, risulta laboriosa la creazione di una reportistica adeguata, che si traduce in processi poco efficienti ed efficaci.
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