«Cultura dello speak up»: 10 motivi per cui i dipendenti non segnalano

Scopriamo insieme le ragioni che impediscono ai dipendenti di effettuare segnalazioni all'interno dell'azienda.
Laura Santeusanio
In sintesi

Dovrebbe essere scontato che se un dipendente viene al corrente di un atto illecito avvenuto all’interno dell’azienda in cui opera, segnali prontamente l’atto a chi di competenza. Eppure, non tutti lo fanno. Uno studio condotto nel 2018 dall’Institute of Business Ethics (IBE) mostra che nei principali Paesi europei i dipendenti segnalano comportamenti scorretti all’interno della propria azienda, ma nonostante questo sia un buon primo passo, ancora molto deve essere fatto affinché i dipendenti si sentano sicuri di denunciare. Ci si chiede quindi cosa impedisce ai dipendenti di parlare? Perché non segnalano atti illeciti o irregolarità?

Abbiamo unito la nostra esperienza nell’attuazione di programmi di whistleblowing nelle organizzazioni e nella ricerca per fornirvi 10 motivi per cui i dipendenti non effettuano segnalazioni riguardo comportamenti scorretti o illeciti e alcune strategie per incoraggiare una cultura aziendale dello “Speak-Up”.

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1. “Sentivo che non erano affari miei”

Secondo l’indagine dell’IBE, i dipendenti (in particolare quelli più giovani o i neoassunti) ritengono che non sia loro compito effettuare segnalazioni, in quanto si tratta di una responsabilità al di sopra del grado retributivo. Per questo motivo, è fondamentale che Compliance Officer e responsabili HR facciano comprendere a tutti i dipendenti che “denunciare” illeciti e irregolarità interne è una loro responsabilità, indipendentemente dal periodo di tempo trascorso in azienda e dalla loro posizione. Per farlo, è fondamentale comunicare il concetto in maniera chiara ed efficace, organizzando eventi aziendali ad-hoc e riprendendo il tema in occasione dei corsi di formazione e delle valutazioni della propria performance.

2. “Pensavo fosse una pratica comune”

La cattiva condotta e le pratiche non etiche si insinuano nelle aziende e sempre più spesso vengono percepite come normali e consuete. Al fine di evitare che questo accada, le aziende devono educare i dipendenti riguardo ciò che rappresenta un comportamento accettabile e ciò che invece deve essere segnalato. Redigere policy interne ad hoc (come una policy di whistleblowing) e programmare la formazione dei dipendenti a riguardo sono la base per garantire che tutti i dipendenti decidano se segnalare o meno. Con l’aiuto di un’attenta gestione delle policy aziendali, è possibile verificare quali dipendenti hanno letto e confermato le regole interne e i requisiti normativi.

3. “Non credevo che sarebbero state prese misure correttive”

Nel momento in cui i dipendenti hanno finalmente il coraggio di effettuare una segnalazione, si sentono scoraggiati quando non ricevono un feedback sull’esito delle indagini. È molto importante, quindi, che i dipendenti sentano che le segnalazioni vengono prese sul serio e vengono esaminate. Il nostro sondaggio mostra che solo il 30% circa delle aziende informa i whistleblower delle conseguenze delle segnalazioni ricevute. Al fine di garantire la riservatezza delle persone coinvolte, i risultati delle indagini possono essere comunicati, ad esempio, sottoforma di case-study anonimo o come feedback diretto.

4. “All’epoca non pensavo che fosse un problema serio”

C’è spesso incertezza riguardo cosa dovrebbe essere segnalato e quando. È quindi responsabilità dell’azienda promuovere una cultura in cui si possano sollevare anche preoccupazioni che all’apparenza sembrano essere di poco conto. È meglio ricevere una segnalazione irrilevante, piuttosto che rischiare danni reputazionali o perdite finanziarie per l’azienda. Con l’aiuto di un canale di segnalazione riservato o anonimo, i dipendenti possono contattare i responsabili della compliance o delle risorse umane e verificare se si è davvero di fronte ad un illecito, o meno.

5. “Avevo paura che la segnalazione potesse creare una cattiva atmosfera sul mio posto di lavoro”

Le leggi sul lavoro in tutta Europa cercano di proteggere i whistleblower da eventuali ritorsioni. Tuttavia, i segnalanti possono essere oggetto di ritorsioni dopo aver effettuato una segnalazione che potrebbe avere ripercussioni negative sui loro colleghi. Se nell’azienda manca una solida cultura dello “Speak-up”, l’atmosfera nei confronti dei whistleblower può diventare rapidamente ostile. Implementando canali di segnalazione riservati e anonimi le aziende garantiscono ai segnalanti che i casi siano investigati con discrezione, riducendo così al minimo il rischio di ritorsioni. Gli indicatori chiave possono essere: il whistleblower lavora ancora in azienda 12 mesi dopo l’invio della segnalazione? Sono stati demansionati oppure promossi? Hanno usufruito di lunghi congedi per malattia? 

6. “Credevo che i responsabili ne fossero già al corrente”

Spesso si ha l’impressione che il consiglio di amministrazione o il board management siano a conoscenza di pratiche non etiche all’interno dell’azienda. Tuttavia, sono spesso i membri del CdA e gli alti dirigenti che sono alla ricerca di modi per essere maggiormente informati riguardo i rischi aziendali. Attraverso i diversi canali di whistleblowing disponibili i dipendenti possono offrire preziose informazioni ai vertici aziendali sulle possibili aree di rischio. Sofisticati sistemi di gestione dei casi possono anche fornire report dettagliati in modo che la direzione possa tenersi al passo con le problematiche interne.

7. “Temevo di essere percepito come sleale o non in grado di lavorare in team”

Nessuno vuole essere percepito come sleale o, peggio ancora, avere una “cattiva reputazione”. Di conseguenza, è fondamentale che le organizzazioni comunichino chiaramente che effettuare segnalazioni è parte integrante del successo a lungo termine dell’azienda. Una cultura aziendale aperta protegge da danni alla reputazione e perdite finanziarie.

8. “Non esisteva un sistema di segnalazione anonima nella mia azienda”

I canali di whistleblowing che garantiscono l’anonimato sono un modo sicuro per segnalare illeciti senza timore di ritorsioni e il loro utilizzo abbassa la soglia di inibizione per i segnalanti. Questo è dimostrato anche dai risultati del Whistleblowing Report 2019, redatto da EQS Group in collaborazione con la Scuola universitaria professionale dei Grigioni (Svizzera): se le aziende consentono segnalazioni anonime, questa opzione viene utilizzata da quasi il 60% di coloro che segnalano. Senza canali di segnalazione anonimi, tali informazioni potrebbero non essere emerse. Anche se per alcune organizzazioni l’anonimato può rappresentare una sfida nell’investigare i casi presentati, ora esistono sistemi digitali che consentono ai dipendenti di segnalare in modo completamente anonimo, di avere una comunicazione anonima bidirezionale e di presentare prove a sostegno.

9. “Avevo paura di mettere a rischio il mio lavoro”

Secondo lo studio dell’IBE, la paura di essere licenziati è il motivo principale per cui i dipendenti restano in silenzio in Italia, Spagna, Svizzera e Regno Unito. La segnalazione rappresenta, quindi, un passaggio difficile per molti dipendenti.

Per cambiare questo trend, è necessario coltivare un ambiente in cui le persone possano segnalare i problemi senza timore di colpe o ritorsioni, tutelando i dipendenti da eventuale licenziamento, demansionamento e qualsiasi altra forma di discriminazione.

Le aziende devono offrire garanzie – a partire dal top management – che la segnalazione non avrà un impatto negativo sulla carriera del whistleblower. Inoltre, recenti iniziative legislative come la Direttiva UE sul Whistleblowing forniscono protezione giuridica ai segnalanti e prevedono sanzioni per le organizzazioni che non riescono a prevenire ritorsioni contro di loro.

10. “Non sapevo a chi rivolgermi e come”

La comunicazione è tutto. Come dimostrato nel Whistleblowing Report 2019, circa un terzo delle aziende intervistate comunica i propri canali di whistleblowing una volta all’anno. Utilizzare omaggi, video o banner digitali aiuta a mantenere i dipendenti consapevoli dell’importanza di una cultura aziendale aperta. Inoltre, nel codice etico, nell’intranet e nel processo di onboarding dovrebbero essere ancorati il ruolo dei segnalanti e una panoramica dei diversi canali di segnalazione.

Whistleblowing Report

Studio completo sul whistleblowing nelle aziende europee

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Laura Santeusanio
Laura Santeusanio
Managing Director | EQS Group Italia
Laura Santeusanio ricopre il ruolo di Managing Director presso la filiale italiana di EQS Group Italia, dove presiede lo sviluppo del business, il consolidamento e l’espansione della base clienti, così come la creazione di partnership commerciali. Entrata in EQS nel 2017, Laura ha strutturato e guidato il reparto Risorse Umane nel quartier generale di Monaco di Baviera supportando l’azienda nella delicata fase di crescita internazionale. Precedentemente, ha trascorso oltre 13 anni nel mondo della consulenza a Milano, affiancando le aziende nello sviluppo dello Human Capital e del Change Management.